The Game rappresenta lo spartiacque, non solo temporale perché fu pubblicato nel giugno del 1980, ma, soprattutto musicale, della carriera dei Queen.
È un album decisamente di rottura con il passato, cosa che lasciò perplessi i fans dell’epoca (e non sapevano cosa avrebbero udito in seguito con Hot Space…ma questa è un’altra storia); a me, invece, fan giovanissima della fine degli anni ‘80, piacque e piace ancora tantissimo. Confesso che è uno degli album che ascolto ancora oggi con grande piacere.
Ma, torniamo alla faccenda del cambio di rotta rispetto al passato; già lo scatto scelto per la copertina sottolinea la voglia di cambiamento della band: foto di gruppo in bianco e nero, capelli corti (tranne May, solo una accorciatina) e giubbotti in pelle che meglio rappresentano lo stile del nuovo decennio.
La novità principale, che fece storcere il naso ai fans, fu l’introduzione dei sintetizzatori: ma come? Proprio la band che li aveva sempre rifiutati con un certo orgoglio? Il merito (secondo me lo è) di questa importante svolta, va al nuovo tecnico del suono e produttore con il quale i Queen si ritrovarono a lavorare nei Musicland Studios di Monaco di Baviera: Rainhold Mack.
Lo stile di Mack nel lavoro era molto simile a quello di Freddie: veloce e immediato. Al contrario di Brian May, eccessivamente lento e meticoloso. Il buon Mack avrà fatto sicuramente fatica a mettere d’accordo tutti quanti, ma da allora lavorò sempre con la band e divenne uno dei migliori amici di Freddie.
Nel maggio del 1979, la prima canzone alla quale lavorarono fu Crazy little thing called love, celebre brano rockabilly che Freddie compose in pochi minuti nella vasca da bagno della suite dell’hotel Bayerischer Hof (solo per questo meriterebbe un approfondimento!). Di questo brano fu poi girato il divertente videoclip dal quale fu tratto lo scatto per la copertina di The Game.
L’album è il più breve della band, solo 10 canzoni e già questo fa capire la volontà di arrivare all’essenziale, senza troppi orpelli. La sezione ritmica di basso e batteria è preponderante in tutte le canzoni, dando all’album una decisa impronta funk. Esempio lampante è Another one bites the dust con quella linea di basso eccezionale di John Deacon (autore del brano), che portò il gruppo in cima a tutte le classifiche, diventando il loro singolo più venduto negli Stati Uniti. Le radio, comprese quelle dedicate alla musica black, impazzirono per la canzone trasmettendola infinite volte.
Anche Dragon Attack, firmato Brian May, è caratterizzato da un sound funk rock nuovo per la band. Don’t try Suicide è, invece, il funky di Freddie. Rock It, che io amo moltissimo, è un super energetico brano scritto ed interpretato da Roger Taylor.
Non voglio tralasciare Sail Away Sweet Sister, ballad tradizionale dei Queen, scritta e interpretata da Brian, ma con una stupenda incursione vocale di Freddie che mi mette sempre i brividi. Di questa canzone ne hanno fatto una bella cover i Guns N’ Roses (vedasi il Live in Tokio 1992)
E che dire di Save me e Play the Game? Sono diventati dei classici del percorso musicale dei Queen. Nel video di Play the Game, Freddie appare per la prima volta con i baffi (criticatissimi) che sarebbero poi diventati iconici.
Una curiosità: The Game verrà ripubblicato nel 2003 in formato dvd-audio Dolby 5.1 surround e conterrà una versione di Coming Soon diversa dall’originale, perché il master del 1980 del pezzo non si ritrovò più. E anche la copertina presenta uno scatto leggermente differente da quello utilizzato la prima volta. Non sono una critica musicale, ma trovo che in ogni brano di The Game ci sia qualcosa di originale e molto orecchiabile. Penso sia una conferma (ma non ce n’era bisogno) delle capacità compositive di quattro ragazzi con personalità molto diverse, che trovano tutte spazio nelle tracce registrate.