The Miracle, per chi ha la mia età, veneranda, ma non troppo, rappresenta la scoperta del mondo dei Queen. Per i sopracitati motivi anagrafici, non sono stata una fan della prima ora, ma ho dovuto attendere che la folgorazione avvenisse alla fine degli anni ’80.
Correva l’anno 1989, avevo 12 anni (adesso potete fare i conti rispetto alla mia età) e Videomusic, canale interamente dedicato alla programmazione musicale, ma antecedente a Mtv Italia, trasmetteva spesso una canzone accompagnata da un video, per me magico: Breakthru.
Ero letteralmente rapita dal ritmo che imitava proprio quel treno in corsa, cavalcato da quattro musicisti che avevano anche un bel nome: Queen.
Ma della cassetta di The Miracle, venni in possesso grazie ad uno zio, che aveva l’album. Fui affascinata anche dalla copertina, che ritraeva i quattro volti fusi in un unico individuo: wow!
Lo zio mi regalò una cassetta con la riproduzione dell’album e quello fu l’inizio di una specie di magia!
Chiudo la parentesi personale e cerco di raccontarvi la storia di The Miracle.
È il tredicesimo album in studio della band e fu pubblicato nel maggio del 1989. L’opera ha avuto una gestazione molto lunga, rispetto ai tempi di lavoro della band, perché Freddie era stato assorbito dalla collaborazione con la soprano Montserrat Caballè, ma anche perché le sue condizioni di salute non erano buone. E, come se non bastasse, Brian May era alle prese con una turbolenta crisi coniugale.
La copertina, come ho già avuto modo di dire, balza subito all’occhio. Il morphing delle quattro facce è spettacolare per l’epoca e probabilmente è una dichiarazione simbolica del fatto che da quel momento tutte le canzoni sarebbero state accreditate ai quattro componenti. Fino ad allora, infatti, i brani venivano resi pubblici con la firma dell’autore del testo.
Le canzoni che compongono la scaletta rappresentano, secondo me, tutte le sfaccettature dei vari membri: si va dall’hard rock al pop, passando attraverso lo stile sinfonico e barocco che ha sempre contraddistinto e caratterizzato i loro prodotti. Per questo lo ritengo uno dei lavori migliori, più completo e più suggestivo. Uno splendido modo di chiudere il decennio che era stato inaugurato benissimo con The Game. (Innuendo merita un posto a parte nella discografia).
L’album apre le danze con Party, che è proprio una dichiarazione d’intenti: qui ci si diverte! E Khashoggi’s Ship ne è il naturale seguito. Molti si saranno chiesti, come del resto io all’epoca, chi fosse il personaggio a cui era dedicata la canzone. Ebbene, Adnan Khashoggi era uno sceicco saudita, che nei primi anni ottanta aveva accumulato una fortuna sfacciata trafficando armi con il Medio Oriente. Era un simbolo di lusso sfrenato ed esagerato.
La voce di Freddie, in questi due brani apripista decisamente hard rock, è potente e graffiante.
La festa finisce e il sipario si apre su quel capolavoro che è The Miracle. Radiofonicamente perfetta, con un testo profondo e un video che è storia. I nostri beniamini sono infatti sostituiti dalle loro copie in miniatura. Quattro bambini che imitano alla perfezione le movenze di tutti, in particolare il baby attore che interpreta Freddie è fenomenale.
Le emozioni che l’album ci concede sono solo all’inizio perché la scaletta prosegue con due singoli bomba. I Want it All, trascinante, energica e aggressiva e The Invisible Man, che conquista al primo ascolto con una pazzesca linea di basso, un assolo urlante di May e un altro video passato alla storia. I Queen “escono” da un videogioco e si esibiscono nella cameretta di un giovane fan (un sogno per tutti noi!).
Il ritmo prosegue sul treno di Breakthru, altro singolo fortissimo; forse cala leggermente su Rain Must Fall, brano che apprezzo tantissimo, soprattutto per la linea della Red Special.
Arriva Scandal, manco a dirlo, altro pezzo per me indimenticabile, con un arrangiamento dai toni “drammatici” che non lascia indifferenti. La canzone, scritta da May, è dedicata proprio alla ricerca ossessiva del gossip da parte della stampa (quella britannica non è mai stata accomodante nei confronti dei Queen).
Si va verso la conclusione, ma la band ci riserva ancora My baby Does Me, che mette in luce, qualora ce ne fosse stato bisogno, le doti vocali di Freddie.
A chiudere troviamo Was it all Worth It, un pezzo che io definisco “tutto ciò che i Queen sono”: rock e orchestra, barocco ed energia. Per me è un gioiello tra i più preziosi della corona.
Come bonus track, ma solo per le edizioni cd Emi/Parlophone del 1989 e Hollywood Records del 1991, troviamo Hang on in There, Chinese Torture (instrumental) e The Invisible Man 12’’ version. Sono brani che a parer mio, salvo la prima traccia che è un brano rock divertente, non aggiungono niente di particolare.
Un album fondamentale nella discografia dei Queen: una band che all’epoca era sulla piazza da quasi vent’anni, ma ha dimostrato la caratura artistica di tutti e quattro i componenti. E’ un lavoro che non risente del tempo che passa; è sempre molto piacevole ed emozionante ascoltarlo.
Sarò per sempre grata a The Miracle per avermi fatto innamorare dei Queen e avermi spalancato le porte del loro meraviglioso universo.