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Autore del Libro “QUEEN OPERA OMNIA” edito da GIUNTI.

Il gentilissimo Roberto De Ponti ha risposto ad alcune mie domande sul suo libro, sulla sua passione per la Regina e sulle sue esperienze live con i “veri” Queen. Prendetevi 5 minuti e leggetelo tutto d’un fiato ed emozionatevi come mi sono emozionato io. Roberto vi farà respirare certe emozioni. Dopodiché se ancora non lo avete fatto, correte in libreria ad acquistare questa meravigliosa pubblicazione. Non può mancare nella biblioteca di ogni fan dei Queen che si rispetti. Buona lettura amici, certo di avervi fatti cosa gradita….. e grazie ancora di cuore per la disponibilità.
IN ESCLUSIVA PER QUEEN FANS ITALIA WORLDWIDE.



 

Come e quando hai conosciuto i Queen?

“Avevo 14 anni compiuti da poco e l’esame di terza media appena superato quando i miei cugini “inglesi”, Emilio e Marco, mi hanno ospitato per un mese in vacanza da loro. Era l’estate del 1976. Quando sono arrivato a Londra, le radio trasmettevano in continuazione una canzone, ‘You’re My Best Friend’, di un gruppo chiamato Queen, che non avevo mai sentito prima. I miei cugini mettevano in continuazione l’LP ‘Sheer Heart Attack’. E poi in televisione passò il video di ‘Bohemian Rhapsody’. Mai sentita prima. Devo ammettere che all’inizio rimasi un po’ sorpreso da quella musica, poi me ne innamorai follemente. Quando tornai in Italia, al ginnasio scoprii di essere l’unico a conoscere i Queen e per me diventò quasi una missione portare da noi il verbo di Freddie, Brian, John e Roger. Di quella vacanza in Inghilterra ho un solo rimpianto: sono ripartito 15 giorni prima del concerto ad Hyde Park. Avessi potuto rimanere di più sarei andato anch’io a vederli quella sera…”.

Che persona era il Roberto De Ponti nel settembre 1984 quando si accingeva a guardare il primo e ultimo concerto italiano dei veri Queen? (sogni, passioni, aspettative e abitudini).

“Nel 1984 ero un normalissimo studente universitario in attesa di partire per il militare (la chiamata è arrivata solo a metà novembre, meno male!) al quale non sembrava vero di poter vedere finalmente da vicino la propria band preferita. All’epoca in Italia i concerti non erano proprio così ‘normali’ come oggi: dall’estero non arrivava praticamente nessuno, gli artisti non si fidavano dell’Italia e si fermavano in Svizzera. E naturalmente non esisteva internet: delle date dei Queen a Milano venni a conoscenza dai manifesti affissi ai muri di Milano e dal poster nel negozio dove abitualmente acquistavo i dischi. Il giorno in cui vennero messi in vendita i biglietti mi presentai dal negoziante di prima mattina acquistando una decina di tagliandi (avevo messo insieme un minigruppo di fan), io avevo il biglietto numero 000011, mio fratello il 000009. E con il negoziante ho contrattato il poster del concerto: sarebbe stato mio il giorno dopo le esibizioni dei Queen. Il 16 mattina mi sono presentato a riscuotere: oggi, 35 anni dopo, quel poster sta ancora sulla parete di casa mia…”.

E che cosa ricordi di quel concerto?

“Ricordo tutto. Ricordo che il 13 settembre, il giorno prima dell’evento, al Palasport di Milano suonava Vasco Rossi e io andai a vederlo con l’unico scopo di studiare quali fossero gli ingressi migliori per arrivare sotto il palco il più velocemente possibile. Così il giorno dopo, anziché accalcarmi assieme alla stragrande maggioranza delle persone davanti all’ingresso principale, mi presentai all’entrata ‘gradinate’ dove non c’era praticamente nessuno: appena aprirono le porte, io e i miei amici ci precipitammo a tutta velocità giù dalla scalinata e arrivammo alle transenne sotto il palco, mentre la maggior parte della gente ancora spingeva per entrare nel palazzo. Ricordo anche che la sera di Vasco Rossi rimasi colpito dalle dimensioni del palco: la struttura di quello dei Queen, ancora in costruzione, praticamente sovrastava l’americana di luci di Vasco. Così pensai: domani sera sarà uno spettacolo super. E così è stato: l’ingresso sul palco della band, gli enormi ingranaggi che ruotavano alle spalle dei quattro, una scaletta fantastica (nell’epoca pre-internet non sapevi che cosa ti aspettasse, che bello sentire ‘Liar’ e ‘Great King Rat’!). Ricordo la ridicola parrucca di Freddie usata nei bis, l’enorme seno finto di “I Want To Break Free” (che Freddie mostrava da sotto la canottiera bianca) e le esplosioni al termine di “Jailhouse Rock”. Ricordo soprattutto un’energia fantastica, e una colonna sonora che ha segnato la mia gioventù. Indimenticabile”.



Quando hai cominciato l’immenso lavoro di ricerca e documentazione, che sensazioni hai provato all’inizio quando sei tornato dopo anni magari, su cose che già conoscevi in passato?

“Può sembrare assurdo, ma assemblare e mettere in ordine tutti i ricordi, oltre che scoprire cose che non conoscevo, mi ha fatto sentire Freddie, Brian, John e Roger come persone di famiglia. Man mano che scrivevo davo un senso all’evoluzione di questi quattro ragazzi di talento. Scrivere il libro mi ha aiutato a capire meglio le dinamiche tra loro quattro: spero che questa cosa si colga anche leggendolo”.

A quale album dei Queen sei più affezionato?

“Difficile dirlo… Ovviamente mi piacciono tutti, in un modo o nell’altro. Considero il lato nero di ‘Queen II’ un capolavoro, amo tutti gli album, ma se proprio devo sceglierne uno allora punto su ‘A Day At The Races’, solo perché è stato il primo LP che ho acquistato a 15 anni”.

E quale quello che digerisci meno?

“Anche questa è una domanda difficile… Diciamo così: per quanto contenga canzoni bellissime, ‘A Kind Of Magic’ è forse l’album che ascolto con meno frequenza”.

C’è un aneddoto o una curiosità legata alla stesura del libro che ti ha colpito nel rovistare tra la miriade di informazioni raccolte sui Queen?

“Non ho dubbi: aver scoperto che il primo guest musician nella storia della band è un italiano di Sant’Agostino, in provincia di Ferrara. Si chiama Giuseppe Dino Solera, detto Pepe. Ha suonato il doppio assolo di sax contralto e di sax tenore in ‘Action This Day’ ed è stato ripagato con due biglietti per il concerto di Monaco. L’ho cercato, l’ho trovato e ho scoperto un arzillo ottantenne che suona ancora oggi con i più grandi della musica mondiale e che mi ha raccontato un sacco di aneddoti su quell’esperienza. Non credo che in molti fossero a conoscenza di questa cosa, io sicuramente non lo ero”.

Se ti regalassero un biglietto per Bologna e decidessi di andare, che cosa temi di più nella tua reazione nel vedere i Queen +?

“Avrei paura di rovinarmi il ricordo del concerto del 1984, quello dei Queen ‘veri’: finora non sono mai andato a vedere Queen + proprio per questo”.

E che cosa invece sicuramente ti piacerebbe?

“Mi piacerebbe risentire dal vivo la Red Special di May. Quel suono contraddistingue i Queen tanto quanto la voce inimitabile di Freddie. E immagino che la produzione dello spettacolo sia comunque grandiosa”.



Che ricordo hai di quel maledetto 24 novembre?

“In realtà del 24 novembre ricordo le notizie dei Tg che annunciavano la malattia di Freddie. L’annuncio della morte arrivò il giorno dopo. Accadde tutto così in fretta che fu persino difficile rendersi conto di quello che era accaduto. Un ricordo però resta indelebile, e credo abbia colpito tutti i fan dell’epoca: l’ignobile servizio del Tg1 delle 13 che liquidò Freddie Mercury con falsità inspiegabili, oltre che molto gravi. Rimasi profondamente indignato”.

Come vivesti le voci sulla sua presunta malattia?

“Ti stupiresti se ti dicessi che non me n’ero neppure accorto? Forse solo il video di ‘These Are The Days Of Our Lives” fece capire che qualcosa non andava. In realtà in Italia della presunta malattia di Freddie si parlò molto poco, giusto qualche accenno. Ben diverso dalla morbosità dei tabloid inglesi”.

Tornando al libro, che cosa avresti voluto aggiungere che invece per svariati motivi non hai potuto o voluto aggiungere?

“Sicuramente le copertine dei vari album, così come le tracklist. Purtroppo per motivi di diritti le prime e di spazio le seconde non ci sono riuscito. Pero penso e spero che in 480 pagine ci sia comunque abbastanza materiale…”.

Oltre ai Queen quale altra grande passione musicale vive nelle tue corde?

“Mi piace tutta la musica, soprattutto dal vivo. Credo di aver visto quasi tutti i grandi della musica rock, dai Pink Floyd ai Police, dai Genesis a Springsteen, da Clapton agli U2. Ho girato l’Europa per seguire Peter Gabriel. Se devo scegliere oggi una band, dico Foo Fighters, anche loro visti più volte in concerto”.

Progetti futuri editoriali e non perché no, legati sempre alla sfera queenica?

“In realtà nessuno, a parte l’idea di tradurre ‘Queen Opera Omnia’ per provare a esportarlo all’estero. Sarebbe un premio fantastico per un anno di lavoro e di ricerche”.

Al minuto 05:11, vedrete un’altra bella intervista a Roberto De Ponti.

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